Fondazioni Lirico Sinfoniche: Comunicato

Fondazioni Lirico Sinfoniche: Comunicato

L’Italia ha un grande riconoscimento all’estero per gli spettacoli lirici che sa produrre. Studenti stranieri studiano nei nostri Conservatori, attirati da questa nostra eccellenza.
Ma ora questo patrimonio è a rischio.
La crisi che interessa le Fondazioni Liriche è conosciuta, ma lo stato di indebitamento fino ad oggi è stato affrontato solo agendo sul costo del lavoro: dalla progressiva espulsione della danza, alle esternalizzazioni di molti servizi, la riduzione dei salari dei lavoratori, l’Arena di Verona ha anche subito una interruzione della programmazione degli spettacoli. Il blocco del turn over e l’obbligo di ridurre i costi del personale comporta anche la rivisitazione di quanto previsto dalla partiture dei compositori, riducendo l’organico artistico, offrendo quindi spettacoli che non hanno la qualità che dobbiamo dare.

Non si è mai agito nella verifica delle gestioni, che in parte sono responsabili delle difficoltà. Ma il problema principale è quello delle risorse. A livello locale le risorse calano e vengono stanziate con molto ritardo. Il Fondo Unico dello Spettacolo dal 1985 al 2015 ha subito una decurtazione del 54,94% ed è passato da un’incidenza sul PIL DEL 0,0846%a quella del 0.0248%.

I finanziamenti privati in Italia scontano una mancata attenzione delle imprese al mecenatismo, prova di questo è che una parte dei finanziamenti ha utilizzato le disposizioni dell’Art Bonus. Peraltro non tutte le Fondazioni Liriche hanno le stesse possibilità di ottenere risorse private. Questo evidenzia come il calo delle risorse pubbliche insista in modo importante rispetto alla crisi di questi teatri.

In Italia ci sono 14 Fondazioni Lirico Sinfoniche di cui 6 al Nord (Carlo Felice di Genova, Regio di Torino, Scala di Milano, Arena di Verona, Fenice di Venezia, Verdi di Trieste), 4 al Centro (Comunale di Bologna, Maggio Fiorentino, Opera e Orchestra Sinfonica S. Cecilia di Roma) 2 al Sud (Petruzzelli Bari e San Carlo Napoli), una in Sicilia (Massimo a Palermo) e una in Sardegna (Lirico di Cagliari).

Di questi teatri 8 hanno richiesto di accedere alla ristrutturazione del debito prevista dalle Legge 112 (legge Bray), alle quali si sta ora aggiungendo l’Arena di Verona.

Due sono i teatri che hanno il riconoscimento di “speciale” e sono La Scala e l’O.S. S.Cecilia.

La recente legge 160/2016, in perfetta aderenza le norme destrutturanti successive alla legge 800/67, all’art. 24 impone ancora una volta disposizioni sul costo del lavoro in caso di mancato raggiungimento del pareggio di bilancio. Unilateralmente il teatro in questo caso non riconosce al personale premi di risultato e altri trattamenti economici aggiuntivi previsti dalla contrattazione di secondo livello, riduce l’attività anche con chiusure temporanee o stagionali, con trasformazione temporanea dei rapporti di lavoro. Si prevede inoltre un intervento sul trattamento economico delle missioni e il possibile utilizzo delle collaborazioni nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli. Dispone inoltre l’individuazione di requisiti che devono essere posseduti dalle Fondazioni Lirico Sinfoniche alla data del 31 dicembre 2018, che verranno disciplinati in uno o più regolamenti da adottare entro il 30 giugno 2017. I criteri sono già definiti dalla legge e sono: dimostrazione del raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario, capacità di autofinanziamento, di reperimento di risorse private, la realizzazione di un numero adeguato di produzioni e coproduzioni, il livello di internazionalizzazione.

Questi requisiti sono molto simili a quelli richiesti per ottenere il riconoscimento di “speciale” previsto dal DPR 117/2011.

La legge n. 160/2016 dispone che chi non avrà i requisiti di cui sopra, verrà inquadrato in non meglio specificati “teatri lirico-sinfonici”. Inoltre “l’eventuale mantenimento della partecipazione e della vigilanza dello Stato nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente con riferimento agli enti di cui al decreto legislativo n. 367/1996, e di cui alla legge n.310/2003, trovi applicazione esclusivamente con riguardo alle fondazioni lirico sinfoniche”. Quindi tutto questo non varrà per i teatri lirico sinfonici.

Nell’attuale discussione su una possibile legge per lo spettacolo dal vivo, attualmente in VII Commissione Senato, emerge la volontà del legislatore di istituire un comparto delle Fondazioni Lirico Sinfoniche, separato dai restanti soggetti che hanno accesso al Fondo Unico per lo Spettacolo. A tale comparto rimarebbe l’attuale assegnazione (nel 2017 è pari a euro 182.272.058,30 su un totale di 335.436.629,00), mentre si prevede per i restanti comparti un consistente incremento.

Quindi in caso di “declassamento” a Teatro Lirico sinfonico, l’attuale Fondazione Lirica, non avrà più i fondi previsti per le Fondazioni, ma “precipiterà” nel comparto musicale, sottraendo comunque risorse al settore musicale. Se si conferma tale previsione si metterà questo teatro nella condizione di non poter più garantire né la produzione, né l’occupazione, né tantomeno la qualità dal momento che all’impossibilità di programmare per tutto l’anno, conseguirà la perdita dei migliori elementi nelle categorie artistiche.

E’ facile prevedere che con questa norma, nel tempo non potremo garantire un equilibrio nella diffusione della musica lirica e sinfoniche, che peraltro già ora non è sufficientemente garantito.

I lavoratori oggi manifestano per difendere il loro lavoro e un’espressione artistica che è parte del patrimonio immateriale dell’Italia. Oggi sono in piazza anche per il pubblico, perché tutti abbiano la possibilità di accedere a questa forma d’arte. Denunciano con questa iniziativa la dispersione di importanti competenze sia artigianali che artistiche. Chiedono che si intervenga per risolvere le difficoltà, rilanciando qualità, contrastando la dispersione professionale.

Verona 8 maggio 2017

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